L'arte di Andres Recondo

CASCINA VERDE E POI… ANDRES E LA SUA ARTE

interviste

Lo scopo dell’esperienza a Cascina Verde è quello di restituire agli ospiti la capacità di vivere e di raccontarsi in un modo differente: c’è chi lo fa con il suo lavoro, chi con  la musica, chi con l’arte. Come Andres Recondo Giudici, protagonista della nuova intervista di questa rubrica del nostro blog. 

CHE COSA STAI FACENDO ORA CHE SEI USCITO DA CASCINA VERDE?

Sto realizzando tutti i miei sogni venuti a cadere negli anni, sogni che ho visto bruciare e morire con me ai trent’anni. Oggi ho un lavoro part time fisso indeterminato diurno come magazziniere e giardiniere in una casa di riposo. Il restante tempo lo dedico all’arte e alla mia musica, mestieri avviati grazie ad un’ inaspettata prima mostra personale, che da poco mi danno concrete risposte e quindi testa bassa e lavoro costante. 

Perché non è successo prima? Perché non conoscevo le mie fragilità, non davo importanza all’elaborazione di traumi, non sapevo ancora che ero una persona predisposta alle dipendenze. Patologie croniche? Dopo anni di analisi, oggi le tengo strette con tenerezza, ne ho coscienza e le impiego come risorse: parlo spesso da solo, mi sono adottato. E ora la lunga lista di patologie sono caratteriali, parte di me, parte del mio volermi bene. 

QUANDO SEI ENTRATO E COME È STATO IL PERCORSO ALL’INTERNO DELLA COMUNITÀ?

È stato straziante, venivo da due mesi di strada e uno di pronta accoglienza: “Arca” di Milano. Ero disperato ma con grandi aspettative nei confronti della comunità, avevo bisogno di risposte immediate che guarissero il male, simile all’approccio che abbiamo nel placare il dolore: con una pillola, una birra, un anestetico. E invece non era così e non è così. Ho provato nei primi 4 mesi tutte le mie antiche strategie: arte, musica e inaspettatamente il mio primo amore. Sono fuggito due volte e dopo aver perso ancora più di quanto avessi perso in precedenza, dopo due ulteriori mesi di strada mi raccolsero con astinenza da alcol, sudori freddi, spasmi che durarono continui 3 giorni.

Così avvenne la “Resa”, una parola chiave, che non è arrendersi, ma è abbassare le armi, è accettare che non hai più soluzioni, che sei disposto a credere in ciò che non vedi, che non hai altre soluzioni che affidarti. Penso di aver passato tantissimi giorni apparentemente privi di un vero senso, nel chiedermi qual è il pensiero felice di oggi? Senza rendermene conto stavo costruendo, un mattone al giorno, un piccolo grano di sale del mio futuro oceano.

La seconda fase comunitaria diventa il senso di famiglia, una strana serenità che respiri in quel confine aperto, prima solo prigione. Ami gli educatori, ti affezioni ai compagni, altri li vorresti sopprimere, complicità, senso di appartenenza, ironia… scopri un senso di cura e di gratitudine che arriva dall’esterno per depositarsi all’interno, alla memoria, al cuore.

La Terza è la separazione, il timore: le prime paure nell’ immergerti nuovamente nella realtà che ti aveva evacuato. É difficile e fragile, è rischioso, ma dopo anni di terapia la mia forza l’ho trovata nel provare a cambiare gli assetti. Tante relazioni erano da recuperare, altre da sanare con grande distanza, altre da eliminare.

Cascina verde ha il mio amore incondizionato. Mi hanno voluto bene guardando nel mio abisso, nella mia infanzia, nella mia rabbia, nella dolcezza, nelle confidenze, negli interminabili ascolti: hanno creduto in me. Per anni il mio mantra era : “Mi avete salvato la vita”. Il loro: “Hai fatto tutto da te”. Oggi dico: Ce l’abbiamo fatta insieme”.

CHE COSA TI HA LASCIATO IL PERCORSO CHE HAI FATTO CON NOI?

Un bagaglio immenso. Penso di aver interiorizzato una lingua magica e arcaica alla base del movimento di tutte le cose. Connettersi al momento: solo il presente ha valore. Il nostro passato merita ascolto e grande rielaborazione, ha bisogno di cure, di essere abbracciato e sanato, ma quando inizi a sentire l’adesso e non ne perdi più un secondo, ti senti vivo e tutta la gioia e la riconoscenza va nell’atto che stai agendo.

Oggi mi ritrovo a vivere da solo per la prima volta, ad avere un riconoscimento civile per le mie fragilità, una rete di servizi che si prendono cura di me, amici, arte, ballare senza bere ma ridere più di prima. 

Quando infilavo quelle talee in serra non ne comprendevo la poesia: le portavamo allo sbocciare e a liberarsi, fosse una vendita o nel nostro giardino. Amarsi é una responsabilità complessa, forse è uno degli scalini più alti. Quelle migliaia di ore inutili hanno costruito le basi perché oggi si costruisca sul selciato di una strada nuova, salda, consapevole.

Gli anni di terapia mi hanno reso umile, predisposto all’autocritica e al continuo desiderio di imparare, di sviluppare nuove strategie relazionali, lavorative, affettive.

Gli stessi anni di terapia mi hanno donato il grandissimo e orgasmico potere del: No!

I magici confini, nei quali noi mettiamo leggi e regole. Il comprenderne atti che ci portano all’abuso, alla Rabbia e all’autodistruzione e fermarsi poco prima e dire: No! Non mi fottete più: fottetevi voi e anche molto lontano da qui. Queste sono le mura della mia anima e questa è la mia impagabile serenità.

È bello imparare ad Amarsi, é un gioco senza fine di cui rimango sempre sorpreso.

HAI QUALCHE SUGGERIMENTO DA DARE A CHI SI TROVA ADESSO IN UN MOMENTO DI PARTICOLARE FRAGILITÀ

Vorrei che ognuno trovasse il proprio spazio.. Perché vi è dovuto quello spazio! Per decomprime vite dilaniate da anni di mancanza di amore, di violenze, di assenze, di Rabbia autoinflitta, di ribellione al sistema con cause legali, di amori chimici distruttivi.

Non siete maledetti, 

Non siete sbagliati,

Non siete colpevoli.

Oggi no, qui dentro no. Questo è il vostro momento, questo è il vostro spazio. E l’occasione per attraversare il vostro dolore sino in fondo. Ci vuole coraggio e resilienza. Se siete rotti, troveremo tutti i cocci, sparsi agli angoli del mondo e con il tempo necessario li ricomporremo e vi vedrete per la prima volta: sarete più belli che mai.

Avete un grande valore, che ha bisogno di tempo per essere realizzato: l’autostima che non vi é mai stata concessa, è fatta di tanti piccoli mattoni giornalieri. Rieducarsi non è un Finale ma il Tragitto. Ciò che importa é uno spunto al giorno, un attimo in cui tu possa metterci la differenza. Ormai siamo uguali a noi stessi da sempre: forse in quell’attimo posso essere altro, ed è la mia scelta, la mia rotta.

L’abuso di droghe, l’alcol, sesso, relazioni, denaro… non sono le cause, ma le conseguenze dei nostri vuoti immensi, vuoti che non si colmano: per quando profondi, mai si esauriscono.

Torniamo al nucleo: farà malissimo, ma vi conoscerete come nessuno mai e coloro che stanno cambiando,e cambieranno, siete voi. Siatene fieri, sarà il vostro orgoglio trovarvi.

 

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