Intervista-Andrea-Angelucci

INTERVISTA AD ANDREA ANGELUCCI.

In questa intervista Andrea Angelucci, che ha fotografato i nostri ragazzi per il progetto #ATUPERTATU, ci racconta cos’ha significato per lui questa esperienza e cosa ne pensa dei tatuaggi e del suo lavoro.

– Com’è stata l’esperienza di fotografare i ragazzi di Cascina Verde? Cosa ti hanno trasmesso?
Ѐ stata un’esperienza bellissima e intensa.
Ho percepito un carico di sofferenza non comune, ma anche una fiamma di vita che brucia.
Mi ha sorpreso molto la cautela di certi ragazzi ad avvicinarsi al set e poi il loro lento aprirsi all’esperienza di farsi riprendere da un intruso, poi la docilità e infine la voglia di comunicare, di raccontare.
D’altra parte, proprio questo intruso ha in mano una chiave che apre molte porte: la macchina fotografica.

– Sei riuscito a catturare perfettamente l’emotività dei ragazzi e a catturare il  significato dei tatuaggi, creando foto molto intense. Ci racconti come fai ad immedesimarti nelle persone che fotografi?
Amo la fotografia di ritratto perché amo le persone con le loro storie e le loro contraddizioni. Inoltre penso che ognuno di noi sia portatore di una sua bellezza e sia degno di uno sguardo interessato.
Lo shooting di ritratto è un momento magico perché hai davanti a te qualcuno che ti dedica il suo sguardo e la sua attenzione e tu dall’altra parte devi essergli grato di questo, accogliendolo e creando un clima di fiducia e di stima.

– Cosa ne pensi dei tatuaggi e sui pregiudizi legati ad essi?
Il mio corpo non ha tatuaggi ma solo perché mi ha influenzato il pregiudizio di mio padre,  uomo di altri tempi, che mi diceva che i tatuaggi sono per i marinai e i malavitosi.  Personalmente mi piacciono molto, mi affascinano e proprio perché derivano da quegli ambienti borderline della società di una volta.
Oggi credo che abbiano un po’ perso quella loro autenticità per diventare puro decoro.
Nel caso dei ragazzi che ho fotografato invece hanno mantenuto il loro significato primigenio di traccia sulla pelle degli eventi significativi della propria vita.

– Ti è mai capitato di dover nascondere dei tatuaggi dalle foto?
Una volta ho dovuto ritoccare un tatuaggio di una modella che doveva impersonare una amorevole mamma con la sua figlioletta in bagno. Il tatuaggio stonava con la situazione di idillio.

– Quando e come hai deciso di intraprendere il lavoro di fotografo?
Al liceo ho sfogliato per caso una rivista di fotografia ed è stata una folgorazione.
Il mondo era là fuori e la fotografia era lo strumento perfetto per esplorarlo. Così dalla provincia sono venuto a Milano, ho frequentato lo IED e poi sono seguiti sei anni di gavetta come assistente di vari fotografi pubblicitari, un periodo ricco di stimoli e  passione, ogni giorno esperienze e incontri fantastici.
Quando mi sono sentito pronto, ho aperto il mio studio.

– Quali sono i tuoi soggetti preferiti?
Amo molto il ritratto, che per vie commerciali e di ricerca personale mi ha portato a conoscere personaggi incredibili, come scrittori, artisti, sportivi, chef ma anche gente comune.
Tutti abbiamo qualcosa da raccontare, basta avere la curiosità di ascoltare.
Negli ultimi anni ho trovato nei miei due figli una fonte di ispirazione inesauribile. Mi hanno aperto gli occhi ancora di più sulla bellezza del mondo che possiamo trovare ovunque e in ogni cosa.
Un oggetto, un raggio di luce, un volto possono catturare il mio sguardo in maniera improvvisa e inaspettata e allora l’alchimia è compiuta.

Bellezza, storie, curiosità… Proprio come nel progetto #ATUPERTATU, in cui raccontiamo le storie degli ospiti di Cascina Verde partendo dai loro tatuaggi.